Informazioni sui canti del repertorio di Bitti
Le voci che compongono il canto a Tenore
Cosa è il canto a tenore?
Il canto a tenore è uno dei più straordinari esempi di polifonia del Mediterraneo, per complessità, ricchezza timbrica e forza espressiva. E’ realizzato da quattro voci maschili chiamate, dalla più grave alla più acuta, bassu, contra, oche e mesu oche, che disposte in formazione circolare intonano canti dalle diverse caratteristiche musicali a seconda della provenienza geografica. Per intenderci sarebbe più corretto parlare di canti a tenore e non di canto a tenore, poiché ogni paese che appartiene all’area di diffusione di questa tradizione orale possiede un proprio repertorio di canti sacri e profani che lo caratterizza inequivocabilmente e lo distingue dal paese vicino che spesso dista anche solo pochi chilometri. Per lungo tempo l’isolamento geografico dei paesi ha favorito l’acuirsi di queste diversità culturali, evidenti non solo nel canto, ma anche nella parlata in limba (lingua sarda), nelle varianti dei costumi tradizionali, negli usi, diversità che sono anche indice di una forte affermazione identitaria che ancora oggi permane in Sardegna. Cantare a tenore nello stile della propria idda (paese), parlare la propria limba sono parte de su connottu ovvero del bagaglio culturale condiviso da una comunità.
Il canto a tenore è uno stile vocale di grande fascino. L’impasto vocale risuona 
immediatamente arcaico, proveniente da un tempo lontano. Non a caso gli studiosi 
pensano che questo non sia databile, tanto è antico. Alcuni vecchi, che in 
gioventù cantavano, raccontano che le tre voci che compongono il coro, altro non 
fossero che il muggito del bue, il belato della pecora ed il suono del vento 
opportunamente armonizzati fra loro dai pastori sardi che in questo modo 
avrebbero dato origine al canto. Anche se non fosse così, questo leggenda ci 
disvela il forte legame fra natura e cultura che è alla base del canto a tenore.
Il tenore da un punto di vista musicale può essere considerato come un solista 
accompagnato  ad accordi da un coro 
a tre parti vocali. L‘insieme delle tre parti 
mesu  oche, contra e bassu 
viene  denominato anch’esso tenore. 
Dal punto di vista linguistico la definizione di oche e tenore corrisponde in 
italiano a solista e coro. La oche, unica delle quattro a cantare un testo 
verbale, canta una melodia associata ad un testo poetico a volte 
improvvisato, mentre le altre tre voci la accompagnano scandendo degli 
accordi su delle sillabe non sens che sono molto varie e cambiano da paese a 
paese: bim-bam-bo- baram-bim-ba-bo-bim-ba-ra-roi-rim-ba etc.
I testi, composti da poeti culti o semplicemente tramandati oralmente attraverso 
il canto stesso, possono essere di carattere epico-narrativo, storico, satirico, 
di protesta e d’amore e sono scelti con cura dalla oche che spesso li plasma e 
personalizza per il canto. 
Le voci che più definiscono il sound del canto a tenore sono le due più gravi, 
il bassu e la contra, caratterizzate da una timbrica gutturale, la cui emissione 
interessa la laringe e tutto l’apparato fonatorio, e che trovano simili soltanto 
in sperdute lande della Mongolia e negli altipiani della Repubblica di Tuva. Il 
mistero dell’esistenza di queste voci eguaglia quello dei Nuraghi, le antiche 
costruzioni in pietra di forma tronco-conica, simbolo della civiltà detta 
appunto nuragica (
Non sappiamo assolutamente che cosa fosse allora il canto a tenore, ma sappiamo 
certamente cosa è oggi e cosa era nel recente passato, quando riecheggiava nella 
piazza del paese accompagnato dall’agile scalpitio dei passi del ballu tunnu (il 
ballo sardo tondo) della gente, quando si diffondevano le dolci e melodiose 
serenate d’amore negli alti e stretti viottoli in pietra, o nelle campagne 
soleggiate nei giorni de sos tunninzos (la tosatura delle pecore) momento di 
incontro e festa, nella solennità delle celebrazioni extraliturgiche della 
settimana santa o semplicemente nelle osterie e negli spuntini. Questa era la 
Negli ultimi decenni le cose sono cambiate, la trasmissione del canto avviene 
solo in parte con le modalità della tradizione, e si assiste alla nascita di 
formazioni professionali divenute molto popolari che portano il canto in giro 
per il mondo. Queste formazioni continuano però ad esibirsi nei contesti più 
tradizionali, come le feste paesane, organizzate dai giovani. Ogni festa paesana 
che si rispetti dedica una giornata alla musica tradizionale ospitando gruppi di 
ballo e tenores provenienti da tutta l’isola che si esibiscono su palchi di 
legno ed indossano i variopinti costumi tradizionali del paese di origine.
Lo stile di canto a tenore della tradizione bittese è sicuramente uno dei più 
importanti nel panorama canoro isolano sia per la varietà delle forme musicali 
che lo caratterizzano sia per la presenza di un ricco repertorio di canti 
religiosi.  
Ascolta le voci singole

Fig.1 Il ballo sardo o tondo col canto nel piazzale della chiesa - Simone Manca di Mores
I CANTI REL REPERTORIO DI BITTI
Possiamo raggruppare i canti in due grandi categorie in base alla alla loro 
destinazione: 
 CANTI 
PROFANI e
CANTI RELIGIOSI.
| CANTI 
		PROFANI | CANTI SACRI | ||
| 
 
		Fra i canti profani si distinguono i 4 canti a ballo : 
		
		-         
		
		Ballu a
		passu torratu  
		Canti a ritmo libero:  
		Canti a ritornello: 
		
		-         
		
		
		
		Muttos 
		
		-         
		
		
		
		Andira 
		Altri canti profani di recente introduzione: 
		
		-         
		
		Cunservet Deus 
		su Re | Dividiamo i canti religiosi in 
		Natalizi :  
		 
		
		Lodi (Grobbes, Gosos, Goccius):  
		
		-         
		
		
		Grobbes de su Meraculu 
		
		-         
		
		
		Grobbes de Pasca 
		
		 
		Altri canti religiosi di recente introduzione: 
		
		-         
		
		Deus ti Salvet 
		Maria 
		
		-         
		
		Su perdonu 
		
		-         
		
		Babbu nostru 
		
		-         
		
		Santu 
		
		-         
		
		Non mi giamedas 
		Maria | 
I canti di ballo (sos 
ballos)
Chiamiamo ballos quei canti destinati 
alla danza e il cui ritmo corrisponde a una precisa configurazione di passi o 
coreografia. Le feste sono sempre caratterizzate dalla presenza della musica, 
del canto, e dove c’è musica e canto non può mancare il ballo che nei paesi 
diventa un vero e proprio fenomeno collettivo assumendo spesso dimensioni 
impressionanti, disegnando cerchi di notevoli proporzioni e a più anelli (a tres pizzas, tre strati 
- Figura 2). Questi balli in passato si protravano anche per ore, e 
i cantori, che ne realizzavano la musica, dovendo garantire un accompagnamento 
continuo dovevano neccessariamente alternarsi senza pero interrompere il flusso 
del ritmo e della musica. L’interruzione della musica avrebbe portato allo 
scioglimento del ballo e alla rottura della magia che esso porta con se. Il 
Ballo, specie in passato, era un forte momento di aggregazione sociale ma anche 
l’occasione in cui si formavano le giovani coppie, in un gioco fatto di sguardi, 
ammiccamenti, sorrisi, inviti o rifiuti, giochi e scherzi, e una delle pocche 
occasione in cui era tollerato il contatto fisico tra uomo e donna.
A causa della durata eccessiva dei tempi di esecuzione il testo spesso non era 
sufficientemente lungo perciò si realizzò la continua ripetizione di una stessa 
frase o di un frammento di essa, generando il fenomeno della frammentazione e 
della proliferazione del testo. Questo fa si che anche una poesia di piccole 
dimensioni o anche semplicemente una coppia di versi, possa diventare un canto 
potenzialmente infinito.  Un testo 
poetico contiene un messaggio da trasmettere e da comunicare, e nel canto, 
essendoci anche la musica, abbiamo la presenza contemporanea di due codici 
diversi di comunicazione: uno verbale e uno musicale con la possibilità che 
l'uno possa prevalere sull'altro. Nelle forme dei
canti a ballos il testo, è al 
servizio della musica, della pulsazione ritmica, del procedere dei passi dei 
ballerini,  e non è importante tanto il 
“cosa” si canta quanto il “come” lo si canta. Gli elementi musicali costitutivi 
dei ballos sono pochi e reiteranti, e 
la stessa formula melodico-ritmica si ripete più volte con delle piccole 
variazioni che rinnovano l’interesse di chi ascolta, e che la fanno percepire 
diversa dalle precedenti. 
I canti a ballo sono quattro e si distinguono per velocita di esecuzione e relativa configurazione di passi di danza: ballu seriu, ballu lestru, ballu dillu, passu torratu.

 
Il
ballu seriu, anche
ballu a sa seria o
boche 'e ballu, dove l'aggettivo
seriu, serio, composto 
e moderato, è certamente riferito al tempo musicale/coreutico 
di esecuzione. E’ uno dei 
canti più antichi e praticati  
assieme alla boche 'e notte. E’ 
prassi nel canto a tenore che sia sempre 
sa oche, la voce solista, ad intonare per prima il canto, scegliendo il 
tempo e l’altezza per tutti gli altri. All'inizio del quarto verso entra in 
blocco il tenore (bassu, 
contra, mesu oche) cantando sillabe non-sens (bim 
bam bo), realizzando sa girata, 
che è ripetuta non solo per ogni trasposizione sia ascendente (arziata) 
che discendente (abbassata) ma a 
libero arbitrio del solista. La tradizione vuole che nell'incipit il solista 
inizi il canto aumentando gradualmente il tempo fino a stabilizzarsi e che la 
frase di chiusura sia cantata a isterrita.
| 
		De marmaru vivissimu sa fronte 
		S’immortale Cellini ata iscolpidu 
		Si la sullevas restatada 
		abbellidu 
		De un’astru novellu s’orizzonte 
		Sas feras abbandonana su monte 
		Sos puzzones olvidana su nidu 
		Curret s’umanitade da ogni lidu 
		Dae s’immensu vascinu attirada 
		 
		Si dissipan sas nues in s’aera 
		Canno t’ischidas tue Ninfa amada | |
Ballu lestru
Si canta in versi ottonari e l'aggettivo 
lestru (veloce, rapido), anche in questo caso è riferito al tempo di 
esecuzione. La voce solista (Oche) 
intona da sola i primi quattro versi e all'inizio del quinto entra il
tenore (bassu, contra, mesu oche) che 
canta sillabe non-sens, cpomie sa girata 
che viene ripresa per ogni trasposizione discendente, ascendente e quando lo 
riterrà opportuno sa oche.   
| 
		
		Milia vatu' sa 
		trota 
		
		pro sa die 'e s'isposonzu 
		
		carculanne su 
		bisonzu  
		
		ca non b'ana 
		cosa cotta 
		
		su maritu 'e 
		Liotta 
		
		su connatu 'e 
		Mugrone 
		
		 
		
		De su cojuviu 
		novu 
		
		n'es cuntentu 
		Cadone | |
Il ballu dillu si canta in versi 
endecasillabi e quinari ed è il canto dal tempo più rapido e brillante del 
nostro repertorio, da ciò deriva il suo carattere particolarmente brioso e 
allegro. Come negli altri ballos è la 
voce solista che inizia da sola imprimendo il tempo e l’alteza del canto e 
all'inizio del quarto verso entra il 
tenore che accompagna intonando sillabe non-sens (bim bam bo).  
| 
		
		A sa campagna 
		
		B’anno dezisu 
		
		Chin su sorridu 
		
		De cuntentesa 
		
		Ca er grannesa
 
		
		De la mirare 
		
		Ca m’atta dare 
		
		Soddisfassone 
		
		Sa passione 
		
		Pro sa pianta 
		
		A tottu ispantat 
		
		S’est in fiore | |
Ballu a passu torratu
E'
su ballu più lento del repertorio 
bittese e si canta su testi in versi ottonari. Il nome 
Passu torratu, alla lettera 
passo rientrato, fa riferimento alla destinazione coreutica del canto dove il 
passo dei danzatori torna nella posizione iniziale dopo un precedente 
spostamento. Anche in questo caso vale laregola che sia
sa oche, la voce solista, ad intonare 
per prima il canto, scegliendo il tempo e l’altezza per tutti gli altri. 
All'inizio del quarto verso entra in blocco
il tenore (bassu, 
contra, mesu oche) cantando sillabe non-sens (bim 
bam bo), realizzando sa girata, 
che è ripetuta non solo per ogni trasposizione sia ascendente (arziata) 
che discendente (abbassata) ma a 
libero arbitrio del solista. 
| 
		
		Vinamenta' 
		Reateddu 
		
		cantu cuntentu 
		rimanet 
		
		a canno cria' sa 
		cane 
		
		lir regalat su 
		cazzeddu 
		
		pro tentare a 
		Luiseddu 
		
		ca time' su 
		mammuzzone 
		
		 
		
		De su cojuviu 
		novu 
		
		n'es cuntentu 
		Cadone | |
Oche ‘e notte
In tutte i 
paesi in cui si pratrica il canto, la forma più diffusa e importante è 
sicuramente   Boghe 'e Notte 
o Sa Boghe.
 la 
classica serenata d'amore. Fino alla fine degli anni cinquanta era consuetudine 
andare a contonare (cantare nei 
rioni) ovvero fare le serenate alle ragazze proprio sotto la finestra della loro 
camere. Le donne potevano apprezzare questo omaggio aprendo la porta di casa e 
offrendo ai cantori, talvolta alticci, un buon bicchiere di vino, telvolta 
invece il tutto si poteva concludere in maniera meno accettabile. Oggi non si va 
più a contonare ed è difficile che 
una pur splendida esecuzione del canto fuori dal suo contesto originale ne 
riproduca il fascino e la suggestione antichissimi. Oltre al tema dell'amore si 
cantano anche problematiche etiche, religiose e sociali in genere, sempre su 
versi endecasillabi. 
L’interpretazione del nome Oche ‘e notte 
è controversa ma secondo alcuni sarebbe indubbiamente riferito alla pratica 
della serenata ed alla sua ambientazione notturna. Infatti, il termine
Oche ‘e notte potrebbe essere 
tradotto in “voce di notte”, quindi canto notturno. E’ però importante precisare 
che questo tipo di canto non è esclusivamente riferibile alla pratica della 
serenata ma è il canto principe del repertorio profano di canto a tenore, quello 
più importante ed impegnativo, sia dal punto di vista tecnico che espressivo. 
Oltre alle già citate tematiche amorose, esso tratta testi di argomento vario, 
sociale, pastorale, religioso purché serio. La metrica del canto non a caso è 
l’endecasillabo, che per sua duttilità è il verso prediletto e più utilizzato 
dai poeti e dagli improvvisatori. Tra le forme preferite c’è il Sonetto, 
strutturato in 14 versi endecasillabi suddivisi in due quartine di norma a rima 
alternata e due terzine a rima varia; e l’Ottava, composta da otto versi 
endecasillabi in rima varia. La forma a 
Muttos in versi settenari, in passato di gran lunga più diffusa nella poesia 
estemporanea, è invece gradualmente stata soppiantata dalle predette.
Nel canto a Oche ‘e Notte e in tutti 
gli altri, è sempre la voce solista (oche) ad iniziare, scegliendo liberamente 
ma sapientemente l’altezza ed il tempo a cui gli altri dovranno conformarsi. 
All'intonazione a ritmo libero e rubato di due o più versi, detta 
Isterrita, si innesta il coro che realizza una prima serie di nove
corfos (colpi) cadenzati dal bassu e 
dalla contra, e corrispondenti alle accentazioni metriche del testo cantato 
dalla oche. Sui corfos, si realizzano 
le giratas della mesu oche, florilegi 
e virtuosismi vocali con funzione dinamica. Concluso il primo ciclo di
corfos, sa oche può decidere se 
iniziarne subito un altro oppure riproporre la formula iniziale. Questa è in 
estrema sintesi la struttura del canto a 
Oche ‘e notte che permette un ampio svolgimento musicale utilizzando e 
ripetendo solo pochi versi.
Gli stessi versi potevano poi essere ripresi o
giratos (girati, variati) nel canto a
Oche ‘e Ballu o
Ballu Seriu, un altro modulo musicale 
di destinazione coreutica ma sempre basato su versi endecasillabi, e 
caratterizzato da una costante periodicità dei
corfos e dalla continua 
sovrapposizione di voce solista e “coro” in un continuo vortice ritmico.
Isterrita
Il canto a
isterrita (stesura) si canta su testi 
seri in versi endecasillabi che compongono Terzine, Quartine e Ottave e 
solitamente prelude il canto a Boche ‘e 
notte svolgendone il testo. L'incipit è come sempre affidato alla
oche che molto liberamente intona i 
primi quattro versi soffermandosi poi sulla nota finale in cui la melodia si 
distende su un unica vocale del testo per introdurre il coro che entra in blocco 
e canta sillabe non-sens (bimbaraaaa-boom-bam-bom). Il solista che nel mentre 
aspetta in questa seconda fase non canta con il coro e si prepara per intonare i 
successivi tre o quattro versi. Il canto spesso si conclude con la così detta
serrata (chiusura) o
girata a corfos (colpi articolati dal 
tenore seguendo l'andamento ritmico della oche) dove solista e coro si 
incontrano. Essa si chiama anche girata a 
boche 'e notte quando introduce e si congiunge a tale canto.   
Muttos e Andira
Sono classificati come canti a ritornello perché il coro o
tenore (
bassu, contra, mesu oche) risponde in 
blocco alternandosi al solista e cantando sempre la stesso ritornello su un 
testo non-sens. . Si tratta di una caratteristica forma di composizione poetica 
stabilita esclusivamente su versi settenari organizzati in due strutture 
strofiche distinte: s'Istèrrida e 
sa Torràda. La prima è generalmente composta da tre versi non chiusi da 
rima. Essa viene cantata dalla voce solista 
alla quale subentra il coro per lo sviluppo con le desinenze non sens. La 
seconda struttura riprende il primo verso della strofa precedente e nei tre 
versi aggiuntivi si completa la rima e l'ordine semantico del messaggio sospeso 
nella prima struttura.
Del tutto simile ai Muttos è il canto a 
s'Andìra che a volte sostituisce le desinenze non sens dei Muttos ma altre 
volte struttura l'intero canto con variazioni minime da paese a paese dal 
modello dei Muttos.
Muttos
I mottos sono indubbiamente una delle forme più caratteristiche del nostro 
repertorio, si articolano nella successione di due parti: isterrita e risposta. 
La prima è affidata alla voce solista che canta tre versi settenari nella prima 
strofa, quattro nelle sucessive e inroduce il coro con le sillabe "aa-sa";la 
seconda è affidata esclusivamente al coro che intona alla conclusione di ogni 
strofa le sillabe non-sens bim bom baraa 
roi rimbaram bi ra roi rimbaram bi rara roi rimbaram bi rai bim bam bom. 
Particolarmente complesso risulta lo schema di rima di questi componimenti e per 
facilitarne la comprensione riporto quindi come esempio alcuni popolarissimi 
muttos del poeta Bittese Giovanni Spanu noto Ispaneddu:
Supra de sa cappella...................... ..A
Solennemente giuro ..........................B ....................Isterrita
De non ti abbandonare ...aa-sa.........C
bim bom baraa roi rimbaram bi ra roi rimbaram bi rara roi rimbaram bi rai bim bam bom .....................Risposta
Supra de sa cappella........................ A
Pro cantu viu duro ...........................B'
Non poto irmenticare .......................C' ...................Camba I
Su nomen tou bella .....aa-sa.............A'
Rit bim bom baraa... ......................................Risposta
Solennenente giuro ...........................A
Non poto irmenticare .......................B''
Su nomen tou bella ...........................C''...................Camba II
Pro cantu viu duro .....aa-sa.............A''
Rit bim bom baraa... ......................................Risposta
De non ti abbandonare .....................A
Su nomen tou Bella ...........................B'''
Pro cantu vio duro ...........................C''' .................Camba III
Non poto irmenticare .....aa-sa..........A'''
Rit bim bom baraa..........................................Risposta
Andira
L' Andira 
ha la stessa costruzione dei muttos sia per qualto riguarda le rime e la 
metrica, l'unica differenza sta nel tempo di esecuzione, più lento nell’Andira e 
nelle sillabe non-sens pronunciate dal coro nel ritornello
ssandir' assandira andir' andir' ambò.
CANTI RELIGIOSI
I canti religiosi della tradizione vocale bittese sono quasi tutti natalizi: su nenneddu, sas grobbes de su nenneddu, anghelos cantate. Fanno eccezione sas grobbes de s'Annossata e altri canti di recente introduzione come il Deus ti salvet Maria, Non mi giamedas Maria, altri facenti parte della Messa quali su Santu e su Babbu nostru. L'origine di questi canti è sicuramente più recente di quelli profani e risalirebbe all’epoca della cristianizzazione della Sardegna centrale e all’introduzione del canto gragoriano. La loro peculiarità sta nel fatto che il coro non pronuncia sillabe non-sens, ma frasi di senso compiuto.
E’ un canto natalizio che celebra la nascita del Gesù Bambino chiamato in 
dialetto bittese su Nenneddu. Il 
contesto originale del canto è il tradizionale appuntamento annuale
 de 
Su Nenneddu, un usanza ancora oggi viva nel paese di Bitti, che si svolge 
dal 26 Dicembre al 6 Gennaio e consiste nella traslazione di casa in casa di una 
effige del Gesù Bambino accompagnata da un corteo di persone che canta durante 
tutto il tragitto. Il Gesù Bambino è ospitato dalle famiglie che lo richiedono e 
che si fanno carico delle spese per l’accoglienza dei fedeli e per 
l’organizzazione di un banchetto. La voce canta due versi senari ripetuti poi 
assieme al coro.
| 
 |  | 
Grobbes de su Nenneddu
Sas grobbes de su Nenneddu dette anche gosos sono anch'esse canti di lode a Gesù 
bambino. E' sempre il solista a iniziare cantando un verso ottonario da solo e 
uno nuovo con il coro
| solista: Paghe in terra e allegria coro: In su chelu eternu gosu solista: Su peccatore er dizzosu coro: Pro esser natu su messia | |
Anghelos cantate
Anche questo è un canto di natale che celebra la nascita di Gesù e si articola 
in stofe e ritornelli. Le strofe, composte ciascuna da sei versi senari, sono 
intonate dal solista che assieme al coro canta anche il ritornello consistente 
nella ripetizione della frase anghelos 
cantate a su izzu de Maria
| 
		
		In d'unu portale 
		
		Naschid'est 
		Gesusu 
		
		Misteriu prusu 
		
		Non best'uguale 
		
		Tra duos 
		animales 
		
		Giuseppe e Maria 
		
		 
		
		Anghelos Cantate 
		a su izzu de Maria ...Anghelos Cantate a su izzu de Maria | |
Grobbes da s'Annossata
Sono canti dedicati alla Madonna dell'Annunziata festeggiata ogni anno nel mese di maggio con processioni e pellegrinaggi in un santuario campestre a una trentina di chilometri dal paese. Le strofe, composte da versi ottonari, sono intonate dal solista che assieme al coro canta anche il ritornello:Amparadennos segnora ,Virgo de s'Annunziata (proteggici signora vergine dell'Annunziata).Il testo è del teologo bittese Giovanni Proto Arca vissuto nel' 500.
| 
		De Cristos luche increata  
		Sezis dorata aurora 
		Amparadennos Segnora 
		Virgo de S’Annunziata 
		 | |
|  |